Il ciclista Eddy Mazzoleni e sua moglie Elisa Basso hanno patteggiato al processo contro il traffico di sostanze dopanti nelle palestre, che oggi è terminato con ventitré condanne. Un patteggiamento di quattro mesi e duemila euro di multa per il ciclista bergamasco, che pagherà il suo conto con la giustizia con una sanzione pecuniaria unica di 6.560 euro. Un anno e tremila euro di multa per Elisa Basso, sorella di Ivan, vincitore dell’ultimo Giro d’Italia.Giovedi 17 Giugno 2010
Pubblico invece questa notizia di ALTO profilo ringraziando Roberto per l'autorizzazione concessami, nella speranza che possa servire a qualcosa.
LETTERA INVIATA per posta al mensile BICISPORT nel dicembre del 1993. MAI PUBBLICATA.
dicembre 1993
Carissimo direttore,
ho riflettuto a lungo prima di scrivere questa mia lettera. Ho voluto dare, una testimonianza dal “gruppo” e fare alcune riflessioni su aspetti del ciclismo di oggi che spesso non vengono adeguatamente approfondite. Sono un giovane di venticinque anni, fino alla primavera del ’93 un corridore dilettante, con quasi quindici anni di bicicletta sulle spalle, gratificati grazie a Dio, anche da buoni risultati. Mi creda direttore, scendere dai pedali dopo tre lustri, durante i quali volontà e cuore si sono sprecati per tentar di raggiungere la massima categoria, senza successo, è molto doloroso ma non è nulla se paragonato alla sofferenza che ho vissuto in questi anni dovendo convivere con numerosi problemi che anche oggi stanno sempre di più devastando le categorie dei più giovani. Ricordo il pesante problema che riguarda il lato economico della professione. È noto, che come dilettanti è proibito stipulare dei veri e propri “contratti di lavoro”. Così mentre è praticamente impossibile affiancare ad un’attività ad alto livello una “professione vera” e i motivi Li conosce, ci si deve affidare a dei “rimborsi spese”, che hanno la stessa stabilità e sicurezza della politica italiana dei nostri tempi. Quanti atleti, io compreso, sono stati “gabbati” con promesse e patti non rispettati. Spesso a metà stagione i “finanziamenti” sono già un bel ricordo. Sorvoliamo poi sulla componente umana che circonda il mondo dei corridori. Se stanga si permette (!!!) di apostrofare Bugno in un momento di estrema (“…sei un cadavere…”) si figuri cosa possiamo subire noi poveri carneadi, dalle (cattive) mani di chi gestisce le squadre dei puri. Non mi racconti anche Lei, caro direttore, la storiella del “corridore colpevole” svogliato, che non rende per mancanza di volontà, perché con tutto quello che la società moderna può offrire ai giovani, correre in bicicletta è sempre più una scelta difficile e per questo chi la affronta ha il diritto d’essere rispettato. Analizziamo invece i continui casi di super rendimento; esplosioni improvvise di elementi che fanno incetta di vittorie con facilità a volte disarmante. Parliamo di DOPING. Diciamolo che le “pratiche mediche” stanno sconvolgendo le categorie giovanili. Recentemente, testimonianze riportate dai maggiori quotidiani sportivi, hanno fatto emergere realtà occulte. Evito un commento sui professionisti, (ce ne sarebbe da dire…!) no avendo vissuto questa esperienza, in prima persona. Inaccettabile è sicuramente vedere un’adolescente, magari solo “allievo”, far uso di ormoni per migliorare le proprie prestazioni sportive! Personalmente ho vissuto in ambienti dove “bucarsi” era normale quasi come il lavarsi i denti. In più occasioni mi sono trovato coinvolto in situazioni che di “sportivo” avevano ben poco. Fui invitato con alcuni miei compagni di squadra, cito un caso ad esempio, ad assumere sostanze proibite. Nacque una violenta discussione… “non c’è problema, vengono rilevate solo con esami complicati che in Italia non si fanno quasi mai!” era la giustificazione del direttore sportivo (ancora oggi mi chiedo se si possa definire tale un personaggio tanto squallido). Il nostro rifiuto provocò una spaccatura tale che portò alcuni di noi, io compreso, ad una prematura chiusura della stagione. Prima di puntare il dito incriminatore verso un atleta, pensiamo a chi ha potuto creare determinate situazioni. Non penso che giovani sportivi abbiano conoscenze tali che permettano loro di sapere come muoversi nel campo delle terapie mediche. Ho sempre evitato il DOPING grazie anche a medici coscienziosi che “curavano” più la mia salute dei miei risultati. “Ricordati che il giorno in cui cesserai di gareggiare potrai avere dei rimpianti, cerca di non dover sopportare anche dei rimorsi” si raccomandavano e avevano proprio ragione. Grazie.
Non tutti però mettono a frutto le loro conoscenze per salvaguardare il domani dei ragazzi, anzi alcuni (accidenti!!!) sono proprio la causa principale del “cancro doping”.
Sarebbe sufficiente, eseguire delle analisi ematiche e oggi bastano pochi secondi e poche gocce di sangue con le nuove tecniche per constatare subito chi viaggia a “benzina super”. Troppi direttori sportivi forti di un esperienza decennale, credono di saper meglio di chiunque altro cosa è meglio “fare”. Basta anche che abbiano letto 4 righe su un libro, perché si credano capaci di poter eseguire un’operazione a cuore aperto. Figuriamoci se hanno frequentato qualche anno di medicina o peggio se professionalmente sono solo semplici infermieri. Capita così che te li ritrovi in camera la mattina della corsa, con una bella siringa già carica (di cosa non si sa quasi mai, bene) e tu lì a campar scuse (come se fossero necessarie!!!!) per declinare l’invito al buco. Anche i genitori dovrebbero vigilare maggiormente e non accettare sempre in silenzio gli ordini impartiti dalla squadre volti a tener ben lontani costoro dai mezzi (ammiraglie e pulmini) per evitare confusione… per poi passare in tranquillità “qualcosa di buono”, spesso pasticche varie o barroccini gia pronti con contenuti miracolosi e, peggio, sconosciuti. La verità a mio avviso è che nessuno ha la volontà di combattere veramente il fenomeno del doping. Nemmeno la Federazione Italiana concretizza veramente i suoi programmi di lotta dura. Francamente mi sembra si impegni ben poco anche sul resto, tranne che a far parlare di se quando si tratta di “tangenti”.
Nel frattempo ragazzi sempre più giovani si ritrovano con qualche vittoria in più e qualche problema fisico di troppo; molti i casi di impotenza per uso indiscriminato di sostanze proibite. Ho conquistato un titolo mondiale (1986) senza aver dovuto ricorrere a “qualcosa in più”, segno che qualcosa di buono si poteva raggiungere in maniera onesta e pulita e segno che i personaggi di qualità ci sono anche nel ciclismo. Pare che ultimamente il mondo delle due ruote spinto dal progresso si sia scavato una bella fossa e abbia tutte le intenzioni di saltarci dentro. Forse è giunto il momento di fare un passo indietro e riscoprire di nuovo il “cuore” di questa disciplina. Magari meno corse, specie per i dilettanti, ma più professionali, più controllate, soprattutto per il bene dei numerosi compagni e amici che ancora oggi stanno investendo le loro fatiche e le loro speranze in questo bellissimo sport. Evitiamo che alle soglie del 2000 debbano ancora fare spogliarello con il c…,meglio sedere al vento per mancanza nei dopo corsa (tranne pochissimi casi) di strutture con docce e spogliatoi dove potersi sistemare. Che vergogna!
Chiudo ringraziandola caro direttore, per lo spazio che concede ai suoi lettori sulla sua gradevole rivista. Mi permetta un saluto particolare a Tony Lo Schiavo, a mio avviso uno dei più preparati giornalisti del ciclismo e mi creda non ce ne sono poi molti!
Le rubo ancora due righe per ricordare due amici che alla chiusura di questa stagione mancano purtroppo all’appello e che in ruoli diversi, per anni, hanno diviso con me numerose esperienze. Sono Giovanni Arrigoni, noto costruttore bergamasco e Diego (Dedo) Pellegrini apprezzato dilettante, scomparso proprio quando il sospirato passaggio al professionismo si stava concretizzando in realtà.
Distinti saluti
Maggioni Roberto
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento